Massimo Di Maio: patient reported outcomes

A colloquio con Massimo Di Maio

Perché è importante che l’European Society of Medical Oncology abbia sistematizzato l’esperienza acquisita nell’applicazione dei patient-reported outcomes alla pratica clinica in oncologia con la pubblicazione sugli Annals of Oncology di apposite linee guida?
Lo abbiamo chiesto a Massimo Di Maio (Oncologia medica, Università di Torino), coordinatore del gruppo di esperti che ne ha curato la realizzazione e che ripercorre per noi la storia delle evidenze scientifiche (e quindi dei trial clinici randomizzati) a supporto dei benefici in termini di qualità di vita, di riduzione degli accessi in pronto soccorso e delle ospedalizzazioni, di aderenza al trattamento, di soddisfazione, nonché in qualche caso anche di prolungamento dell’aspettativa di vita, ottenuti in particolare dai pazienti oncologici grazie all’introduzione del monitoraggio mediante strumenti digitali dei loro sintomi e delle tossicità conseguenti ai loro trattamenti.

Centralità del paziente

Perché ci sia un effettivo cambio di passo nel processo di miglioramento del nostro servizio sanitario così che sia sempre più in grado di offrire opzioni di cura adeguate alle aspettative dei pazienti e rispettose delle loro esigenze, è urgente riconoscere il valore aggiunto degli strumenti di misurazione di esito (patient-reported outcome measures) e esperienze (patient-reported experience measures) riferiti dai pazienti stessi. La strada è però in salita, perché servono risorse sia economiche sia umane per attuare una riorganizzazione dei servizi sanitari che renda l’esperienza dei pazienti davvero protagonista a tutto campo del percorso di cura.

Abbiamo chiesto a Paola Kruger (paziente esperto EUPATI) e a Flori Degrassi (Presidente Nazionale A.N.D.O.S.) di condividere con noi il loro punto di vista su questo tema che ci riguarda tutti.

PREMs e PROMs

I Patient-Reported Experience Measures (PREMs) e i Patient-Reported Outcome Measures (PROMs) sono misure della qualità dell’assistenza. Mentre i PREMs si riferiscono all’esperienza che il paziente vive con i servizi sanitari, i PROMs sono utilizzati per misurare e spiegare gli esiti di salute dal punto di vista del paziente. L’aspetto innovativo di questi strumenti risiede nella possibilità di comprendere se un intervento o un trattamento sanitario abbia fatto la differenza per la salute e la qualità della vita del paziente dal punto di vista del paziente stesso. L’impiego dei PROMs e PREMs ha quindi reso possibile una lettura dei percorsi assistenziali dal punto di vista del paziente, aiutandoci a comprendere quali aspetti facciano realmente la differenza rispetto alle sue condizioni di salute, alla sua qualità di vita e alla sua esperienza con la sanità, ovvero rispetto a ciò che, del percorso stesso e degli effetti che produce, è rilevante e capace di generare valore dal punto di vista del paziente.

Esiti riportati dai pazienti

Nel viewpoint pubblicato sul JAMA, Shahzeb e Butler evidenziano che, per interpretare il significato clinico dei cambiamenti nello stato di salute di un paziente, è fondamentale capire quanto quel cambiamento sia per lui importante. Per esempio, per i pazienti con una malattia polmonare ostruttiva cronica grave, un cambiamento di circa 5 punti sul questionario per l’insufficienza respiratoria grave è stato associato a un cambiamento clinicamente significativo dello stato di salute percepito dal paziente. In questo contesto il concetto di ‘differenza minima clinicamente importante’ (minimal clinically important difference – MCID), cioè il più piccolo cambiamento nell’esito di un trattamento misurato con i patient-reported outcomes (PROMs) che il paziente identifica come importante, diventa rilevante perché può essere alla base di una modifica nella terapia.

Matteo Moscatelli

A colloquio con Matteo Moscatelli

Offrire soluzioni digitali ai pazienti cronici e anziani, aiutandoli a superare lo scoglio della tecnologia, è la mission di Vree Health, azienda specializzata nell’offerta di modelli di gestione della salute innovativi e centrati sulle esigenze dei pazienti,  ci spiega Matteo Moscatelli.
L’idea è quella di trasferire l’approccio ospedaliero – ossia il concetto di smart hospital – verso la casa del paziente per fornire informazioni sia in termini qualitativi al paziente stesso sia in termini tecnico-scientifici all’interno del suo percorso di cura, così da valutare se le assunzioni terapeutiche seguono le indicazioni dei PDTA, aiutando l’interconnessione tra medico, paziente e ospedale e aumentando l’aderenza terapeutica del paziente.

Partnering with patient BMJ

Il principio dell’assistenza costruita a partire dalle esigenze del paziente e quello della condivisione delle decisioni sono due concetti alla base dei sistemi sanitari occidentali, ma spesso pazienti e operatori osservano come vi sia ancora un divario tra l’enunciazione teorica e la piena realizzazione di tali principi. Le autrici dell’articolo, editor del BMJ con vari ruoli, sottolineano come le riviste mediche abbiano un ruolo importante nell’aiutare a diminuire tale divario e descrivono alcune delle importanti iniziative che il BMJ ha preso per includere sempre di più i pazienti e i loro rappresentanti.

In occasione della Giornata mondiale delle malattie reumatiche (12 ottobre 2018), Antonella Celano ha presentato i risultati dell’indagine condotta da APMAR-WeResearch “Vivere con una malattia reumatica”, che confermano il forte impatto negativo sulla qualità della vita delle persone affette da queste patologie: 7 su 10 hanno difficoltà a svolgere le attività abituali, 9 su 10 hanno problemi legati alla sfera affettiva e familiare, e ben 1 su 2 teme di perdere il proprio lavoro o subire mobbing dichiarando la propria condizione.
Ben venga quindi la campagna di sensibilizzazione #diamoduemani2018, che ha come protagonisti assoluti gli youtuber TheShow con il video #ReumaChe. Madrina della campagna Anna Moroni, per anni ospite fissa della Prova del Cuoco su Rai1.