Nel corso di un recente meeting svoltosi a Roma presso l’Istituto Superiore di Sanità nell’ambito dell’European Joint Action on Antimicrobial Resistance and Healthcare Associated Infections, il progetto che intende rafforzare e coordinare tutte le azioni intraprese per fronteggiare la AMR e le infezioni correlate all’assistenza, sono stati organizzati due focus group tra esperti, dai quali è scaturito un primo bilancio delle criticità emerse nel raggiungimento degli obiettivi prefissati. Fra queste, un accento particolare è stato posto sulla scarsità di risorse economiche e umane tuttora investite nel progetto, sulla carenza di professionisti qualificati per il controllo delle infezioni nella pratica clinica, sulla mancanza di database centralizzati per il monitoraggio dei dati, ma anche sull’organizzazione dei Sistemi Sanitari Nazionali nei quali i poteri dei Ministeri e quelli delle autorità locali (Regioni) entrano spesso in conflitto. L’insieme di questi elementi finisce per ostacolare l’approccio One Health, poiché viene a mancare l’auspicato coordinamento fra i diversi settori dell’assistenza sanitaria, compresa la sanità animale, sia sotto il profilo operativo che dal punto di vista legale, considerando la presenza di protocolli e regole spesso contraddittori e poco standardizzati.

I dati della letteratura finora pubblicati confermano che l’88,3% dei casi covid positivi, e specialmente quelli giunti in terapia intensiva, sono stati trattati con potenti antibiotici, fra cui cefalosporine di terza generazione, chinoloni e carbapenemi. Secondo i ricercatori del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità nell’articolo pubblicato sugli Annali, l’utilizzo indiscriminato di antibiotici ad ampio spettro, senza una sicura evidenza di sovrainfezioni batteriche o fungine, potrebbe aumentare il fenomeno dell’antibioticoresistenza durante questa pandemia.

A colloquio con Maria Paola Trotta

Si è verificato, soprattutto nelle prime fasi della pandemia, un eccesso nella prescrizione degli antibiotici per tenere sotto controllo l’eventuale sviluppo di infezioni batteriche secondarie anche in pazienti che non hanno manifestato coinfezioni batteriche o fungine? Quali strategie si potrebbero adottare per incentivare la ricerca e lo sviluppo di nuovi antibiotici? Obiettivi importanti di salute pubblica, come quello del contrasto alla resistenza antimicrobica, rendono necessaria una riconsiderazione del concetto di innovazione terapeutica e richiedano un miglioramento dell’applicazione dei modelli di valutazione del farmaco? A queste domande risponde Maria Paola Trotta, descrivendo anche la sua esperienza come coordinatrice dell’Unità di crisi per le attività connesse all’emergenza da Covid-19, istituita da AIFA.

Gli allarmanti pronostici sulle morti previste nel mondo entro il 2050 a causa del fenomeno dell’antimicrobico-resistenza non tenevano in considerazione la possibile esacerbazione del fenomeno in seguito alla pandemia di Covid-19. Se da una parte è indispensabile una forte consapevolezza da parte di tutto il mondo medico, delle istituzioni e dei cittadini dell’importanza di adottare in Italia tutte le strategie già individuate nel Piano nazionale di contrasto all’antimicrobico-resistenza 2017-2030, dall’altra non devono mancare gli incentivi per la ricerca in questo ambito da troppo tempo trascurato.
Ne abbiamo parlato con Massimo Andreoni, Antonio Gaudioso e Salvatore Leone.

antimicrobial stewardship

Collaborazione, consapevolezza, presa in carico, leadership, appropriatezza, formazione sono le parole chiave dell’antimicrobial stewardship.
L’antimicrobial stewardship è una gestione coordinata e multidisciplinare di diversi aspetti della terapia antibiotica. Non vuol dire solo scegliere l’antibiotico giusto, ma attuare una serie di pratiche integrate che abbiano l’obiettivo comune di contenere la diffusione di germi multiresistenti. Ed è fondamentale parlare di questo anche durante la pandemia da Covid-19, per evitare che la nuova emergenza amplifichi i rischi insiti in un utilizzo non appropriato delle terapie antibiotiche.

Un gruppo di medici operativi presso alcuni dipartimenti di malattie infettive in Svizzera, Olanda, Spagna e Francia ha pubblicato sulla rivista Clinical Microbiology and Infection la sua posizione sulla problematica della iperprescrizione di antibiotici durante l’emergenza coronavirus e del pericolo rappresentato dal possibile esacerbarsi dell’antibiotico-resistenza. Gli autori concludono con un serie di 12 raccomandazioni sull’uso […]

L’attuale scarsità di dati disponibili rende difficile prevedere l’impatto che questa pandemia potrebbe avere sui programmi di gestione della somministrazione di antibiotici e sui tassi di resistenza antimicrobica a lungo termine. L’articolo di Rawson e colleghi, pubblicato sul Journal of Antimicrobial Chemoterapy,  avanza delle ipotesi in proposito.