A colloquio con Alessia Savo
Presidente della Commissione Sanità del Consiglio Regionale del Lazio
Dottoressa, è stata da poco eletta presidente della Commissione Sanità del Consiglio regionale, un ruolo importante e sfidante. Quali sono le sue priorità oggi?
Più che mie, le priorità sono di tutta la popolazione del Lazio e, in particolare, del territorio della provincia di Frosinone che rappresento. Certamente una delle prime azioni da attuare, come ha anche più volte ribadito il presidente Rocca, è quella di abbattere i tempi delle liste di attesa, a cominciare ad esempio da quelli per gli esami diagnostici con priorità B, ovvero breve e quindi da fornire entro 10 giorni dalla prenotazione: l’ultima fotografia delle Asl laziali ci dice che 7 su 10 non riescono a rispettare il timing. Una delle sfide più importanti per il futuro della sanità laziale è poi anche quella dell’assistenza socio-sanitaria: la fusione, cioè, del momento della cura del paziente con quello del suo benessere psico-fisico. E poi penso alle nuove frontiere della medicina, come la teleassistenza e la telemedicina, che di fatto rappresentano una sanità cosciente del quadro demografico italiano e regionale, con una popolazione anziana sempre crescente che ha bisogno di essere curata e assistita con strumenti nuovi e metodi innovativi. Senza dimenticare un’azione efficace per aumentare la prevenzione, che non può essere episodica o legata a iniziative come quella dell’Ottobre rosa, per fare un esempio, ma che deve diventare una buona pratica per ridurre al minimo il rischio di sviluppare una patologia tumorale.
Con riferimento specifico all’area del tumore alla mammella, la neoplasia più frequente nelle donne, negli ultimi decenni si è registrato un costante aumento della frequenza delle diagnosi anche nelle fasce più giovani. In base alla sua esperienza, quanto è importante la presa in carico della paziente negli stadi precoci della malattia, anche alla luce dei progressi nella ricerca che mette a disposizione trattamenti sempre più efficaci?
Non è solo importante, è anche fondamentale. La prevenzione ricopre un ruolo indispensabile nella medicina, nelle cure e nella salute della popolazione. Quello che si fa non è ancora abbastanza e le percentuali di oggi devono essere incoraggiate. A tal proposito sto lavorando a una proposta di legge sulle misure per il potenziamento dello screening sul tumore mammario e per l’istituzione del programma di valutazione del rischio per pazienti e famiglie con mutazioni geniche germinali. La proposta di legge prevede l’estensione della chiamata attiva, tramite invito con cadenza biennale, allo screening organizzato dai 45 ai 49 anni, come da linee guida europee e italiane, mettendo in atto un pre-screening per stratificare meglio la popolazione e individuare le persone a maggior rischio. Assicurare questo tipo di accertamento anche alle donne più giovani consentirebbe una loro presa in carico precoce e l’accesso a terapie innovative ad intento curativo.
Quali sono i dati di adesione nella Regione Lazio allo screening mammografico e quali ulteriori azioni andrebbero intraprese per aumentare tale adesione?
I dati PASSI 2021-2022 mostrano che nel Lazio circa il 70% delle donne fra i 50 e i 69 anni si è sottoposto allo screening mammografico a scopo preventivo, all’interno di programmi organizzati o per iniziativa personale, secondo quanto raccomandato dalle linee guida nazionali e internazionali (che suggeriscono alle donne di questa classe di età di sottoporsi a mammografia ogni due anni per la diagnosi precoce del tumore al seno). Sicuramente il dato relativo al biennio pandemico (2020-21) conferma che la pandemia ha rallentato ancora di più le campagne di screening, ma ciò non esclude che si debba comunque lavorare su campagne di screening più efficaci anche dal punto di vista organizzativo.
Quanto alle azioni per aumentare l’adesione allo screening, certamente una delle priorità è raggiungere i luoghi con un tessuto socioeconomico più fragile e che rimangono più distanti dalla prevenzione. La mia idea è proprio quella di portarla nei comuni più piccoli e lontani dalle strutture, nei contesti sociali più degradati ed economicamente svantaggiati, attraverso un’unità mobile che consenta di effettuare screening e controlli sul posto. Certamente incentivare la prevenzione equivale anche ad utilizzare una nuova forma di comunicazione, che passi per un lato attraverso il processo educativo già attivo all’interno delle scuole, e dall’altro per quello della digitalizzazione, con l’utilizzo delle nuove tecnologie per un’azione più rapida e capillare. ML
In pubblicazione su CARE 4/5, 2023