I test di profilazione genomica e i Molecular Tumor Board (MTB) – team interdisciplinari di esperti dedicati all’interpretazione clinica dei nuovi dati disponibili – sono presentati come le nuove frontiere dell’oncologia. Confini esplorati anche dalla politica, considerato che a febbraio 2023 è approdato in Conferenza Stato Regioni lo schema del decreto ministeriale che istituisce i MTB e individua i centri specialistici per l’esecuzione dei test per la profilassi genomica estesa NGS. Sulla base dei risultati dell’indagine nazionale condotta dal Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo) nell’ambito del progetto Oncologia di precisione, pubblicati a giugno 2023 sulla rivista internazionale The Oncologist, appare però chiaro che i MTB non sono implementati in modo omogeneo in Italia e questa realtà mette potenzialmente a rischio l’uguaglianza di accesso ad alcune terapie per i pazienti. Dalla survey emerge infatti che nei centri specializzati per le terapie oncologiche il sequenziamento di nuova generazione NGS è utilizzato solo nel 50% dei casi e che i MTB sono presenti solo in 13 regioni, con una grande variabilità di modelli organizzativi. Inoltre ben un terzo dei professionisti intervistati ha dichiarato di non avere accesso al team del MTB. CARE ne ha parlato con il primo autore dell’indagine, Gianpiero Fasola, e con Maria Carla Barducci, project manager del progetto Oncologia di precisione.
A colloquio con Gianpiero Fasola1 e Maria Carla Barducci2
1Direttore Dipartimento ad attività integrata di Oncologia e della SOC di Oncologia, Presidio Ospedaliero Universitario Santa Maria della Misericordia, Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale, Udine; 2Project manager, Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale, Udine
I dati che emergono dalla survey di Cipomo offrono un quadro frammentato dell’implementazione dei MTB in Italia: questo può riflettersi in una disuguaglianza di accesso alle cure oncologiche?
GF Questa è una delle preoccupazioni principali della comunità scientifica, non solo in Italia. Da un lato, non dobbiamo pensare che la sola implementazione dei Molecular Tumor Board rappresenti la chiave per assicurare i farmaci di precisione ai pazienti: molte terapie sono già regolarmente approvate e somministrabili senza necessità di valutazioni supplementari. Dall’altro esiste un tema generale: l’innovazione arriva al paziente se tutti, professionisti, management aziendale e istituzioni di governo, lavoriamo per adeguare l’organizzazione alle nuove possibilità, diagnostiche o terapeutiche.
Le difficoltà organizzative potrebbero essere superate con un più determinato coordinamento centrale o possono essere gestite anche da un servizio sanitario fortemente decentrato come quello italiano?
GF Su questo punto ricorrono pregiudizi e affermazioni non sempre sostenute dai fatti. Molti pensano che le differenze tra le regioni italiane in materia di sanità siano attribuibili alla regionalizzazione, ma non è così. I rapporti di fine anni ’80 sulla prima fase di vita del Ssn (quella delle Usl), dopo l’approvazione della legge istitutiva, 833 del 1978, evidenziavano disomogeneità ancora più marcate. Questi problemi sono presenti peraltro in altri servizi pubblici (scuola, trasporti) e rappresentano una questione nazionale che va ben oltre la sanità; anzi è possibile che nella sanità lo sforzo per cercare di perseguire maggiore omogeneità nei servizi al cittadino sia addirittura maggiore. Ciò premesso, è indubbio che alcune indicazioni generali vincolanti e una maggiore proattività nel coordinamento e nel controllo da parte delle istituzioni sanitarie nazionali sarebbero auspicabili.
Alcuni risultati dell’indagine fanno sospettare una “conoscenza imperfetta” della materia: ritiene che la formazione debba essere incentivata o è già sufficiente l’attività educazionale attualmente fornita sull’argomento?
GF In questi anni sia la letteratura scientifica sia le iniziative formative si sono occupate ampiamente dell’oncologia di precisione, ma come in tutte le innovazioni dirompenti in fase nascente l’allineamento della comunità professionale su alcuni elementi di evidenza avviene gradualmente. Quello che questa vicenda può insegnare è che c’è la necessità di lavorare anche sulla ricerca organizzativa, di evitare approcci top-down in materie ancora in fase di evoluzione e di valorizzare le esperienze in corso per cogliere meglio le complessità, partendo dal basso. È esattamente questo il cuore del progetto ‘Oncologia di precisione’, lanciato due anni fa dall’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale (ASUFC), in collaborazione con Cipomo e con la SDA Bocconi. La proposta di 14 statement, condivisa dalle principali società scientifiche di oncologia ed anatomia patologica (AIOM, Cipomo, Comu e SIAPeC) nel workshop di Udine del 6 ottobre 2022, è dedicata all’implementazione dell’oncologia di precisione nei sistemi sanitari regionali. Può rappresentare un buon punto di partenza, per un lavoro che si svilupperà nei prossimi anni e che risentirà di tutti gli sviluppi nelle conoscenze che certamente ci saranno.
Diverse nuove opportunità di terapia (pensiamo proprio all’oncologia di precisione o alle CAR-T) presuppongono un ripensamento di percorsi e ruoli all’interno del Servizio sanitario: sono anche queste sollecitazioni a livello organizzativo ad aver stimolato la formazione e l’inserimento nello staff delle aziende ospedaliere dei project manager?
MCB L’evoluzione veloce delle conoscenze richiede una rapida e continua riorganizzazione dei percorsi. Spesso sono necessari una maggiore interazione trasversale tra professionisti di diverse specialità e un supporto da parte delle amministrazioni per mettere in campo gli strumenti volti a facilitare e rendicontare le nuove attività. Oggi la riorganizzazione è uno dei compiti dei Direttori di Struttura e di Dipartimento che devono anche gestire l’attività clinica quotidiana e il continuo aggiornamento. Con agende molto fitte può accadere che le attività di riorganizzazione necessarie passino in secondo piano. Per questo la figura del project manager può rappresentare un supporto importante per le direzioni: per tenere le fila dei progetti di riorganizzazione, creare i ponti tra i professionisti e le amministrazioni, monitorare l’impatto dei cambiamenti, evitando che i processi di trasformazione si incartino in sequenze di mail senza risposta.
Figure di supporto come i project manager o gli ingegneri gestionali sono più comuni nella sanità privata, dove ‘efficienza’ è la parola d’ordine. Le aziende sanitarie pubbliche sono talora ostacolate nell’acquisizione di queste figure da regolamenti che rendono difficile l’assunzione di persone con profili diversi da quelli previsti negli inquadramenti tradizionali. La Regione Friuli Venezia Giulia ha fatto un importante passo avanti in questo senso approvando una norma (nella legge regionale n. 15 del novembre 2022) che prevede la possibilità per gli enti del Servizio Sanitario Regionale di assumere personale con funzione di project manager in staff alle direzioni.
Quali competenze servono per un proficuo management della ricerca e quali competenze sono presenti – spesso in modo quasi inconsapevole – all’interno del Servizio sanitario e che quindi andrebbero valorizzate?
MCB È necessaria un’attitudine al cambiamento e l’orientamento alle sfide: la frase “abbiamo fatto sempre così” non può far parte del Dna di persone dedicate al management nella ricerca. In generale bisogna avere la capacità di razionalizzare, pianificare e coinvolgere. Il management della ricerca organizzativa richiede anche un po’ di elasticità: quando l’obiettivo non è definito in tutti i suoi particolari oppure quando non siano ancora presenti evidenze su quale sia la soluzione migliore ad un problema, bisogna adottare un approccio empirico, trials and errors.
È importante considerare che il project manager non è un deus ex machina: soprattutto nella fase di inserimento in un ambiente complesso, ad alta professionalità e non familiare con queste figure, come quello sanitario pubblico, è necessario che i processi di cambiamento siano supportati dalle direzioni con scelte chiare, che curino l’inserimento di queste figure nello staff rendendo il loro apporto più efficace ed efficiente.
Quasi sempre è il contesto che determina il successo di un progetto di ricerca e ancora prima le priorità per il Servizio sanitario: esistono delle metodologie o delle strategie che un project manager può mettere in atto per facilitare il coinvolgimento nell’attività di ricerca e nell’implementazione dell’innovazione da parte dei clinici e in generale del personale sanitario
MCB La risorsa più importante (e più scarsa) è il tempo. Mentre le ore dedicate alle attività strettamente cliniche hanno un valore percepito immediato per il professionista, quelle impiegate all’ideazione, presentazione e implementazione di progetti di riorganizzazione vengono percepite come un valore grazie ai risultati raggiunti. Quando l’obiettivo impiega molto a concretizzarsi o non viene raggiunto, è facile pensare di sprecare tempo e, di conseguenza, perdere la fiducia e il coinvolgimento dei professionisti nel processo di cambiamento.
Il project manager ha il compito di assicurare che le risorse messe a disposizione per un progetto, in primis proprio il tempo, siano utilizzate al meglio e ciò vuol dire raggiungere gli obiettivi prefissati in tempi utili. Quando il percorso di un progetto è ben definito, visibile sia nel suo insieme che nei passaggi principali, c’è un forte mandato della direzione strategica e una persona ha il compito di seguire il flusso, è più facile per i professionisti percepire il valore del tempo impiegato e del proprio coinvolgimento.
In pubblicazione su Care 3, 2023