Nicoletta Cerana, presidente di ACTO Italia ETS, commenta i risultati della survey condotta dal Cipomo sull’oncologia di prossimità evidenziando come l’aspetto più importante per chi vive con una patologia oncologica sia quello della qualità delle cure e del personale che le eroga. In particolare nel caso del tumore ovarico, spiega Cerana, l’accesso ai centri di eccellenza anche se lontani da casa è prioritario in tutte le fasi della malattia.
A colloquio con Nicoletta Cerana
Presidente di ACTO Italia ETS
Perché la persona sofferente di una malattia oncologica può preferire la cura in ospedale?
Perché per un malato oncologico l’ospedale non è solo un luogo di cura ma anche di speranza. Per chi segue lunghi cicli di cure, l’ospedale diventa una seconda casa in cui si vivono momenti difficili ma non da soli: la vicinanza dei medici, l’assistenza del personale infermieristico e la condivisione dell’esperienza con le compagne e i compagni di viaggio conforta e dà coraggio.
Come ampiamente dimostrato da alcune ricerche, se da un lato un gran numero di pazienti vive le terapie farmacologiche domiciliari come un’opportunità, dall’altro lato vi è un gran numero di pazienti che invece le vive come abbandono da parte del medico e in molti casi questo aspetto influisce addirittura sulla compliance del paziente alle cure.
Dalla survey del Cipomo, sembra che per il 39,5% dei malati oncologici la distanza tra la casa e l’ospedale non sia rilevante, ma lo è invece molto la continuità delle cure. Come suggerisce di leggere questi dati?
Personalmente li leggo in termini molto pragmatici. La qualità delle cure e del personale che le eroga è l’aspetto più importante dell’esperienza di malattia oncologica, soprattutto se grave e complessa. Nel caso del tumore ovarico, per la paziente l’accesso ai centri di eccellenza – anche se lontani da casa – è prioritario non solo nelle fasi iniziali della malattia (diagnosi, intervento chirurgico, accesso a test genetici/genomici e a terapie personalizzate) ma anche nella fase di cronicizzazione, spesso gestita in modo personalizzato a fronte delle specifiche caratteristiche del tumore e della paziente. Inoltre nei centri di eccellenza è spesso possibile partecipare agli studi clinici in corso per le nuove terapie. Un’opportunità questa che per molte pazienti affette da tumore ovarico o da endometrio avanzato rappresenta l’unica chance di miglioramento a fronte di cure ancora limitate e dell’alta letalità della malattia.
Cosa può rendere vantaggiosa per la persona malata l’assistenza da remoto o la telemedicina?
Il vantaggio è molto legato al tipo di malattia e al tipo di cure richieste (chirurgia, chemioterapia, radioterapia etc.) Se l’assistenza necessaria è limitata, ovvero implica solo un consulto a vario titolo con il medico curante (da quello informativo generico o per la prevenzione – anche per i soggetti ad alto rischio – al controllo di follow-up sia nel periodo di assenza da malattia o in guarigione) la metodologia è potenzialmente vantaggiosa soprattutto per chi vive distante dal centro di cura. Evita sprechi di risorse. Rende tutto più immediato. In altri casi potrebbe essere uno svantaggio.
Tuttavia l’unico modo per rispondere correttamente a questa domanda sarebbe quello di identificare gli impatti e le criticità negli attuali sistemi di gestione dei pazienti oncologici in modalità integrata con componenti di telemedicina e teleconsulto e creare un modello di riferimento per l’uso di questi strumenti, che consenta di valutarne i vantaggi e gli svantaggi.
In pubblicazione su Care 3, 2023