L’antibioticoresistenza è un’emergenza globale che va affrontata in maniera coerente a livello planetario e locale. In quest’ottica, spiegano Ugo Trama e Francesco Ferrara in questa intervista, la prospettiva One health – che impone uno sguardo olistico e comprensivo sia sulle cause sia sulle soluzioni del problema – si deve raccordare con un’intensa attività informativa che sia capace di trasferire i dati raccolti dalle istituzioni nazionali alle realtà locali. Ai professionisti sanitari devono essere fornite le evidenze necessarie per monitorare il proprio operato e per raggiungere gli obiettivi di appropriatezza prescrittiva indispensabili per un controllo dell’emergenza sanitaria.
L’approccio One health guida l’azione globale e regionale
A colloquio con Ugo Trama1 e Francesco Ferrara2
1Dirigente responsabile, UOD 06 Politica del farmaco e dispositivi, Regione Campania; 2Dirigente farmacista, Asl Napoli 3 SUD
Nel vostro articolo pubblicato su Recenti progressi in medicina sostenete l’utilità dell’approccio One health anche per affrontare il problema dell’antibioticoresistenza, in linea con l’impostazione internazionale: qual è il razionale di questa indicazione?
One Health è una visione olistica e attuale. Un modello sanitario basato sull’integrazione di discipline diverse che si fonda sul riconoscimento che salute umana, salute animale e salute dell’ecosistema siano legate in maniera forte tra di loro. Tale approccio è riconosciuto ufficialmente dal Ministero della salute, dalla Commissione europea e da tutte le organizzazioni internazionali come una strategia di alto rilievo in tutti i settori che beneficiano della collaborazione tra diverse discipline (medici, veterinari, economisti etc.). L’approccio One health mira a raggiungere la salute globale affrontando i bisogni delle popolazioni più vulnerabili sulla base dell’intima relazione tra la loro salute, la salute dei loro animali e l’ambiente in cui vivono, considerando l’ampio spettro di situazioni che da questa relazione emerge. Per tali motivi, capire le connessioni di ecosistemi uniti può portare a identificare meglio la problematica della antibioticoresistenza e aiutare le varie figure professionali coinvolte a definire bene strategie adatte di contrasto.
Un approccio ‘planetario’ a una questione ‘globale’ è più che giustificato: come si concilia, però, con un Paese come l’Italia in cui la sanità è governata a livello regionale?
In Italia sappiamo bene come le disparità regionali siano importanti e vane sono state fino ad oggi politiche che avevano l’obiettivo di una equità regionale nell’affrontare problematiche serie come quella dell’antibioticoresistenza. In Italia comunque l’Agenzia italiana del farmaco e l’Istituto superiore di sanità pubblicano periodicamente report sull’andamento nazionale del consumo di antibiotici e lo sviluppo di nuove resistenze. Tali report, recepiti a livello regionale, sono utilissimi per cercare di colmare le disparità regionali e attuare politiche adatte a colmare le lacune di alcuni territori. In Regione Campania, dove il fenomeno dell’antibioticoresistenza è molto sentito, vengono svolte periodiche campagne di sensibilizzazione e a livello aziendale sono sempre effettuati dei report per monitorare l’andamento di spesa e consumo delle principali molecole antinfettive. Questo però spesso non basta e un approccio globale alla problematica potrebbe portare ad affrontare la lotta alle resistenze in modo diverso e più efficace.
Quali sono i principali determinanti di inappropriatezza che emergono dalla vostra analisi?
La nostra analisi è stata effettuata principalmente in ambito territoriale analizzando le prescrizioni dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Crediamo che le principali sacche di inappropriatezza emergano a questo livello perché non sempre c’è la necessaria attenzione nel verificare l’origine di una patologia infettiva. Non è raro che venga prescritto un antibiotico in caso di infezioni virali, per le quali questa classe di farmaci è del tutto inefficace. Inoltre molte molecole vengono assunte senza seguire la posologia corretta rispetto al tipo di infezione di riferimento, quando sappiamo bene che dosaggi sbagliati non permettono di raggiungere la minima concentrazione inibente (Mic) e portano al fallimento della terapia con conseguente sviluppo di resistenze.
Cosa può fare a livello locale un’azienda sanitaria o una regione per contribuire alla soluzione del problema dell’antibioticoresistenza?
L’informazione costante sugli andamenti regionali e nazionali dell’antibioticoresistenza deve guidare le singole realtà locali a mettere in atto tutte le misure utili di prevenzione dell’espandersi della resistenza. Preservare la funzionalità degli antibiotici è nell’interesse di tutti affinché in un futuro non lontano non si corra il rischio di non poter più disporre di molecole efficaci con i conseguenti decessi per stati settici e infettivi. Le campagne di sensibilizzazione e di informazione rivolte a tutto il personale sanitario sono di grande utilità per far sentire la problematica attuale e pressante a tutti i livelli sanitari. Inoltre, le politiche aziendali che prevedono il costante monitoraggio dei consumi aiutano a fornire un quadro aggiornato a tutto il personale sanitario, affinché i clinici ricorrano alla prescrizione di antibiotici solo nei casi in cui è strettamente necessaria. In ultima analisi è importantissimo il ruolo del laboratorio: avere antibiogrammi rapidi permette di instaurare subito una terapia mirata che porta a un’eradicazione dell’agente infettivo senza complicanze e resistenze.
Nota bibliografica
Ferrara F, Zovi A, Nava E, Trama U, Sorrentino S, Vitiello A. Il contrasto dell’antibiotico-resistenza: serve una nuova linea di azione. Recenti Prog Med 2023; 114: 277-83.
L’intervista in PDF [100 kb]
Da CARE 1-2, 2023