Il fenomeno dell’antimicrobico-resistenza (AMR) in Italia è il risultato di molteplici fattori epidemiologici, prescrittivi, organizzativi e demografici che hanno portato ad ampie aree di inappropriatezza prescrittiva e allocativa, in particolare in ambito territoriale. In questa emergenza sanitaria, va sottolineato come le infezioni correlate all’assistenza costituiscano la complicanza più frequente e grave, impattando significativamente sul paziente e sul Servizio Sanitario Nazionale.
Impatto economico-sanitario dell’AMR
L’AMR è il meccanismo per cui batteri, virus, funghi e parassiti resistono agli effetti dei farmaci antimicrobici, che uccidono gli organismi sensibili o ne impediscono la crescita. Il fenomeno precede l’uso di questi farmaci nella medicina umana in quanto molti di questi microrganismi sono intrinsecamente resistenti ad alcuni antimicrobici, ma è enormemente amplificato da un impiego terapeutico indiscriminato e spesso inappropriato. Il coinvolgimento di patogeni antimicrobico-resistenti rende le infezioni più difficili da trattare e aumenta il rischio di diffusione di malattie gravi e di morte.
Secondo il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC), l’AMR è responsabile di circa 35.000 decessi all’anno nell’Unione Europea, ma l’Italia si piazza al secondo posto per numero di morti stimati da infezioni resistenti agli antibiotici con 19 decessi ogni 100.000 abitanti, pari a quasi 11.000 decessi l’anno. Analizzando l’impatto economico dell’AMR in Italia, sono attesi circa euro 1,5 miliardi annui di costi sanitari diretti e correlati alla perdita di produttività che, senza nessun tipo di intervento tempestivo da parte della sanità pubblica, comporteranno un rialzo dei costi sanitari a circa 2 miliardi di euro nel 2050.
Essenziale a questo scopo è lo sviluppo di politiche per la promozione dell’uso corretto degli antibiotici (antimicrobial stewardship) in ambito umano e animale, come viene continuamente sottolineato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), insieme alla Food and Agricolture Organization (FAO) e alla World Organization for Animal Health (OIE). L’insieme di queste sinergie ha portato alla diffusione del Piano d’Azione per la Lotta all’AMR a livello globale, tradottosi a livello nazionale nell’aggiornamento del nuovo Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza 2022-2025. Rimane cruciale la ricerca di nuove opportunità terapeutiche perché, come sottolinea un recente report dell’OMS, anche l’impiego più razionale e tempestivo di nuovi antibiotici potrebbe essere decisivo per fronteggiare il fenomeno dell’AMR e ridurre il tasso di mortalità correlato alle infezioni da microbi resistenti.
La resistenza ai carbapenemi
Negli ultimi anni è stata segnalata una sempre maggiore diffusione di batteri resistenti ai carbapenemi, una classe di antibiotici appartenenti al gruppo dei beta-lattamici, caratterizzati da un ampio spettro d’azione sia nei confronti dei batteri Gram-negativi che dei Gram-positivi, inclusi gli anaerobi, e resistenti a diverse beta-lattamasi. Questo si traduce in importanti conseguenze sanitarie in quanto i batteri definiti multi-drug resistant sono responsabili di gravi infezioni in pazienti immunodepressi, anziani, ricoverati in terapia intensiva, ventilati meccanicamente o trapiantati. Gran parte di queste infezioni vengono contratte in ospedale e si stima che siano responsabili, soltanto in Italia, di 800 decessi annui. Oltre che una causa importante di morbosità e mortalità, le infezioni nosocomiali sono una rilevante voce di spesa per il sistema sanitario.
Dagli ultimi dati dell’ECDC, l’Italia si conferma come il terzo tra i Paesi europei per infezioni sostenute da batteri produttori di carbapenemasi, con un tasso di resistenza ai carbapenemi pari al 26,7% per i ceppi di Klebsiella pneumoniae e al 16,4% per Pseudomonas aeruginosa. Purtroppo, la resistenza ai carbapenemi insorge spesso in ceppi già resistenti ad altre classi di antibiotici, quali le cefalosporine di terza o quarta generazione, i fluorochinoloni e gli aminoglicosidi, rendendo quindi ancora più limitate le opzioni terapeutiche disponibili.
Tra le variabili che condizionano il successo della cura di queste gravi infezioni, sono di fondamentale importanza la scelta appropriata della terapia antibiotica nella fase acuta e la tempestività con cui si inizia il trattamento. In questo contesto, avere a disposizione farmaci innovativi e costo-efficaci può essere determinante.
Uno studio di costo-efficacia
Imipenem/relebactam (IMI/REL) è un’associazione di un antibiotico carbapenemico (imipenem-cilastatina) con relebactam, nuovo inibitore delle beta-lattamasi di classe A e C, che ha dimostrato di essere un farmaco sicuro e ad ampio spettro nella terapia delle infezioni gravi, fra cui la polmonite batterica acquisita in ospedale e le complicanze settiche associate alla ventilazione meccanica.
Lo studio farmacoeconomico di un gruppo di ricercatori del CEIS dell’Università di Tor Vergata guidato da Francesco Mennini, recentemente pubblicato e condotto a livello nazionale, ha confrontato l’impiego di IMI/REL rispetto a colistina + imipenem (CST + IMI) in pazienti ospedalizzati con gravi infezioni da batteri Gram-negativi resistenti a imipenem. Al fine di simulare l’andamento nel medio-lungo periodo, sono stati utilizzati due modelli: un albero decisionale a breve termine e un modello di Markov.
La coorte di riferimento simulata all’interno dell’analisi comprendeva le caratteristiche generali presenti nello studio comparativo di fase III (RESTORE-IMI 1), effettuato per valutare l’efficacia e la sicurezza di IMI/REL rispetto a colistina-imipenem nelle infezioni da Gram-negativi resistenti a imipenem.
Impatto della terapia sulla mortalità e sull’impiego di risorse economiche
L’analisi di costo-utilità, condotta su una coorte ipotetica di 1.000 pazienti, ha evidenziato che l’utilizzo di IMI/REL si configura come strategia dominante in quanto, a fronte di un risparmio economico, genera vantaggi in termini di sopravvivenza, sia dalla prospettiva del SSN che dalla prospettiva della società. Infatti, con un risparmio medio di circa euro 2.800 per paziente, IMI/REL contribuisce a un incremento di 4,76 anni di vita e di 4,12 QALYs per paziente, consentendo di salvare circa 238 vite durante il periodo di ricovero. Anche secondo la prospettiva sociale l’utilizzo di IMI/REL risulta preferibile a CMS + IMI, con un risparmio di quasi euro 3.200 (vedi tabella). Infine, l’impiego di IMI/REL contribuirebbe all’aumento della produttività grazie al minor numero di giornate lavorative perse da pazienti e caregiver, con un positivo impatto per la società.
Alla luce dei risultati dell’analisi farmacoeconomica IMI/REL si configura come un investimento in salute, indispensabile e salvavita in pazienti critici con infezioni sostenute da ceppi CRE resistenti nonché come valido strumento di sanità pubblica nella lotta all’AMR.
Giancarlo Bausano
Fonte Paoletti M, Marcellusi A, Yang J, Mennini FS. Costo-efficacia di IMI/CIL/REL rispetto a CMS + IMI per il trattamento di infezioni batteriche Gram-negative non sensibili ai carbapenemi. Glob Reg Health Technol Assess 2023; 10: 18-28
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Da CARE 1-2, 2023