Come si sa, la resistenza antimicrobica costituisce ormai una vera e propria minaccia per la salute pubblica a livello globale. Un’ulteriore problematica in grado di aggravare le ripercussioni di questo fenomeno sulla nostra salute è rappresentata dall’assenza di nuovi trattamenti antibatterici efficaci contro i patogeni resistenti e dalla parallela diminuzione degli investimenti nella ricerca e nello sviluppo di questi farmaci.
Tra i motivi per cui questo ambito di ricerca è diventato meno attraente per le aziende, un ruolo importante lo gioca il fatto che il mercato degli antibiotici è sempre più caratterizzato da un basso volume di vendite. E questo si spiega sia con la breve durata della fase acuta delle patologie infettive, alla cui cura questi farmaci sono destinati, sia con il diffondersi virtuoso dei modelli di buona stewardship, che prevedono che questi farmaci siano usati solo se davvero strettamente necessari, il che riduce al minimo il numero di unità utilizzate. Gli stessi ultimi antibatterici aggiunti alla lista dei medicinali essenziali dell’OMS (ceftazidime- avibactam, meropenem-vaborbactam e plazomicina) sono stati tutti classificati solo come ‘antibatterici di riserva’, ossia da usare dopo che la prima e la seconda linea di trattamento hanno fallito, nella classificazione AWaRe (Access,Watch and Reserve), lo strumento redatto dalla stessa OMS per favorire un utilizzo appropriato degli antibiotici in tutto il mondo.
L’uso altamente selettivo di questa classe di farmaci ha inevitabilmente avuto l’effetto di contrarre i ricavi ottenuti dalle aziende per questa linea produttiva: in media tra il 2011 e il 2015 il settore ha venduto tra i 24 e i 75 milioni di dollari di antimicrobici contro una media di vendite per i farmaci oncologici nel solo 2017 di 435 milioni di dollari. Molte delle grandi aziende farmaceutiche, che per prime si erano impegnate a investire in questo settore, negli ultimi anni hanno abbandonato progressivamente questa linea di produzione, lasciando che fossero solo le piccole e medie aziende biotech a sviluppare progetti di ricerca in questa area: alcune di queste stesse imprese hanno però iniziato a dichiarare bancarotta dopo il lancio di nuovi prodotti antimicrobici.
Al fine di rivitalizzare questo settore, alcuni analisti si sono trovati d’accordo nel sostenere la necessità di individuare dei meccanismi di finanziamento innovativi basati sul principio dello ‘scollegamento’ tra i volumi di vendita del prodotto finale e i costi associati alla ricerca e sviluppo, considerati i limiti imposti all’utilizzo di questi farmaci per preservare la salute pubblica. Si parla a questo proposito di incentivi ‘push’ volti a offrire comunque una spinta alla ricerca di base attraverso grant e prestiti, e di finanziamenti ‘pull’, rappresentati per esempio da premi per i prodotti che raggiungono comunque determinati traguardi nello sviluppo o da una ricompensa all’azienda per l’ingresso del proprio farmaco nel mercato dopo che è stata ottenuta l’approvazione normativa.
In questo quadro, negli anni passati i sistemi sanitari hanno avviato politiche restrittive di rimborso, volte a disincentivare l’uso inappropriato degli antibatterici, che hanno ulteriormente favorito la contrazione del mercato degli antibatterici.
Lo studio
Partendo da questo presupposto, Gotham e gli altri ricercatori dello studio pubblicato su Health Policy hanno svolto un’analisi comparativa delle politiche di rimborso adottate da Francia, Germania, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti, perché le hanno ritenute innovative rispetto a quelle tradizionalmente impiegate.
L’analisi è stata condotta attraverso una revisione della letteratura e interviste ad alcuni attori chiave delle politiche di rimborso attuate in questi cinque Paesi così da poter fornire una descrizione che evidenziasse aspetti positivi e limiti dei diversi modelli innovativi adottati.
In generale questi Paesi hanno iniziato a istituire politiche finalizzate a incrementare i rimborsi per i nuovi antibatterici, così da stimolare comunque la ricerca in un’area che non rappresenta più un profitto per le aziende farmaceutiche, e a fornire incentivi in modo da garantirsi un’offerta stabile di antimicrobici (in particolare di quelli cosiddetti di riserva).
I risultati
In Svezia la Public Health Agency of Sweden (PHAS) ha avviato uno studio pilota (2018-2022) per l’attivazione di un modello di rimborso finalizzato ad assicurare l’accesso a prodotti che hanno una protezione brevettuale e per i quali la domanda potrebbe essere troppo bassa per attrarre l’azienda a immettere il medicinale sul mercato.
Lo studio prevede l’istituzione di una gara per l’approvvigionamento aperta a tutte le aziende, che possono candidare il loro farmaco per lo studio pilota. Perché gli antibatterici possano essere selezionati, devono rientrare tra quelli efficaci verso i patogeni della lista con priorità 1-gruppo critico, prevista dall’OMS, e garantire un accettabile livello di sicurezza. Il programma prevede poi che per ogni antibatterico selezionato sia previsto un guadagno annuale minimo garantito. Se il guadagno annuale medio viene superato grazie a volumi di vendita più alti di quanto atteso, all’azienda viene comunque offerto un bonus così da mantenere l’attrattività di questo modello di rimborso rispetto a quelli basati sui volumi di vendita. In Svezia i farmaci sono rimborsati a livello regionale e il modello PHAS prevede che, se al produttore non è garantito a livello regionale l’introito annuale concordato, la differenza sia stanziata a livello nazionale. Per i farmaci più vecchi, che non godono più della protezione brevettuale e per i quali si rischia di non poter soddisfare le richieste del mercato perché non è più conveniente produrli, le aziende possono chiedere all’autorità svedese preposta a regolare le politiche di rimborso un aumento del prezzo.
Nel Regno Unito, il Department of Health and Social Care nel 2019 ha annunciato l’avvio di un trial per un nuovo sistema di pagamento degli antibatterici, chiamato ‘modello commerciale’, in cui i pagamenti all’azienda non si basano sul numero di unità di prodotto vendute, ma su una quota annuale fissa. L’obiettivo del modello, ora limitato solo all’Inghilterra, è di ottenere nuovi antibatterici sulla base di un contratto pluriannuale basato su una quota di pagamento annuale fissa per la quale il produttore fornisce il numero di dosi di antibatterico richieste dal bisogno.
Si prevede la selezione di due prodotti da una rosa di candidati: uno dei due prodotti selezionati sarà un antimicrobico approvato negli ultimi 1,5-3 anni e l’altro un prodotto che sta per essere immesso sul mercato.
Il NICE, nell’ambito del programma HTA e delle valutazioni economiche di costo-efficacia, includerà nel modello di costo-efficacia che compara i due farmaci, la prospettiva sociale.
Il modello sperimentato è il primo che attua un cambio di paradigma e passa dal rimborso sulla base dei volumi di vendita a quello di acquisto degli antibatterici in quanti ‘servizio’. Si prevede una quota annuale fissa di rimborso così da vanificare l’effetto dei meccanismi che inducono ad incoraggiare l’uso del farmaco per aumentarne le vendite.
In Francia, Germania e Stati Uniti sono invece stati implementati diversi interventi, soprattutto centrati sull’‘eccezione’, per permettere ad alcuni antibatterici di essere venduti con prezzi più alti. Per esempio, la Germania con una legge del 2020 ha previsto che i prodotti che appartengono al gruppo di antibatterici di riserva rappresentino un’eccezione rispetto ai percorsi di rimborso e siano automaticamente qualificati come aventi un beneficio aggiunto. Negli Stati Uniti alcuni antibatterici hanno la garanzia di un numero maggiore di anni di protezione brevettuale prima di entrare nel mercato competitivo dei generici (in questo senso si muove, per esempio, il Generating Antibiotic Incentives Now Act – GAIN Act). Sempre negli Stati Uniti è stato preso in considerazione il PASTEUR Act (Pioneering Antimicrobial Subscriptions to end Upsurging Resistance – in discussione presso il Congresso Usa al momento in cui gli autori hanno svolto la ricerca – NdA), un modello innovativo che prevede il versamento di una quota minima annuale alle aziende farmaceutiche coinvolte, assicurando una linea di finanziamento federale per nuovi antimicrobici entro i programmi Medicare e Medicaid.
Conclusioni
Svezia e Regno Unito stanno sperimentando modelli di acquisto e rimborso completamente nuovi. Nel Regno Unito il modello pilota rappresenta per la prima volta un vero e proprio cambio di prospettiva: dall’acquisto per volume a quello per servizio, scollegando i pagamenti ai produttori dal numero di unità di prodotto vendute. Il funzionamento di questa nuova modalità fornirà informazioni preziose per disegnare modalità future per affrontare l’antibioticoresistenza e prevedere incentivi alla ricerca e sviluppo di farmaci in questo settore.
Gli interventi intrapresi in Francia, Germania e Stati Uniti invece sono importanti ma, secondo gli autori, sono di minore impatto e meno innovativi.
Più Paesi dovrebbero iniziare a esplorare modelli nuovi come quelli svedesi e inglese e un coordinamento internazionale su questo sarebbe importante per evitare frammentazioni del mercato.
Alessandra Lo Scalzo
Fonte Gotham D, Moja L, van der Heijdenb M et al. Reimbursement models to tackle market failures for antimicrobials: approaches taken in France, Germany, Sweden, the United Kingdom, and the United States. Health Policy 2021; 125: 296-306
L’articolo in PDF [190 kb]
Da CARE 1-2, 2023