Un gruppo di cardiologi americani, coordinato da ricercatori del Cedars Sinai Medical Center di Los Angeles, ha condotto una analisi di coorte in una popolazione precedentemente reclutata in uno studio randomizzato sugli effetti della supplementazione di vitamina D e acidi grassi omega-3 sull’incidenza di fibrillazione atriale (FA) in una popolazione di oltre 25.000 pazienti, composta da uomini di ≥50 anni e donne di ≥55 anni senza storia precedente di FA, malattia cardiovascolare o cancro (VITAL STUDY – Vitamin D and Omega-3Trial Rhythm Study).
Dopo un follow-up medio di 5,3 anni, l’incidenza di FA è risultata del 4% tra gli uomini e del 3,2% tra le donne.
L’associazione inversa tra sesso femminile e FA persisteva dopo aggiustamento per una serie di fattori, fra cui età, etnia, fumo, alcol, ipertensione, diabete, malattie della tiroide, tipo di trattamento ricevuto etc.
Tuttavia, il sesso femminile risultava più esposto alla FA quando, invece dell’indice di massa corporea (BMI), venivano presi in considerazione l’altezza, l’altezza e il peso o la superficie corporea. In pratica, confrontando donne e uomini della stessa altezza e peso, la situazione sembra ribaltarsi, perché le donne mostrano un rischio maggiore di sviluppare una FA. Sicché il dato che riguarda la popolazione generale, ossia che ci sono meno donne con FA, sarebbe riconducibile al fatto che, in media, le donne hanno una altezza inferiore e dunque una superficie corporea inferiore agli uomini.
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Fonte Siddiqi HK, Vinayagamoorthy M, Gencer B et al. Sex differences in atrial fibrillation risk: the VITAL
rhythm study. JAMA Cardiol 2022; e222825
Da Care 4-5, 2022