Monitoraggio del percorso diagnostico e terapeutico dei pazienti affetti da carcinoma polmonare in 3 strutture oncologiche dell’Emilia-Romagna
Ilaria Massa1, William Balzi1, Valentina Danesi1, Andrea Roncadori1, Angelo Delmonte2, Lucio Crinò2, Mattia Altini3, Fausto Barbieri4, Elisa Pettorelli4, Carmine Pinto5
1Outcome Research Group, Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori “Dino Amadori” (IRST) – IRCCS, Meldola
2U O Oncologia Toracica Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori “Dino Amadori” (IRST) – IRCCS, Meldola
3Direzione sanitaria, AUSL Romagna
4UO Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Universitaria di Modena
5Oncologia Medica, AUSL-IRCCS di Reggio Emilia, Reggio Emilia
Introduzione
Il panorama del trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) è notevolmente cambiato negli ultimi anni con molte nuove possibilità terapeutiche, in particolare di tipo immunoterapico, che sono state rese disponibili ai pazienti e che hanno aperto la strada ad una progressiva cronicizzazione della malattia laddove la prognosi era molto spesso di appena qualche mese.
In un contesto così rapidamente in evoluzione, quali strumenti abbiamo per monitorare il fabbisogno di salute di questi pazienti?
Stiamo garantendo a tutti i pazienti affetti da questa patologia le migliori cure, con i migliori esiti di salute possibili?
Stiamo mettendo in campo un’efficace e tempestiva presa in carico?
Qual è la qualità delle cure erogata?
Un percorso diagnostico terapeutico assistenziale ben strutturato condiziona il concetto stesso di approccio alla patologia, non più intesa come una serie di episodi terapeutici scollegati tra loro, ma come un continuum assistenziale, che conduce necessariamente ad una maggiore probabilità che il paziente riceva un trattamento adeguato e personalizzato, disegnato sui suoi bisogni. In tal modo, l’utilizzo delle risorse viene ottimizzato evitando le inefficienze e riducendo le tempistiche.
L’obiettivo del presente lavoro è dunque molto ambizioso: dare risposte a queste domande monitorando il percorso assistenziale del paziente affetto da NSCLC, utilizzando i flussi amministrativi. Potersi avvalere dei database amministrativi rappresenta una grande opportunità, data la loro diffusione e capillarità su tutto il territorio nazionale.
Il progetto KIND NSCLC
La prima fase del processo ha previsto la definizione a priori di 16 indicatori in grado di indagare il percorso assistenziale del paziente affetto da NSCLC in tutte le sue fasi: diagnostica, chirurgica, di trattamento farmacologico e di assistenza di fine vita.
La misurazione di taluni indicatori è avvenuta sulla popolazione afferente ai 3 centri partecipanti al progetto IRST 162.13 Key Performance Indicators for the assessment of diagnostic and therapeutic pathway of NSCLC patients: a multicenter study (KIND NSCLC):
• Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori (IRST) – IRCCS;
• UO Oncologia Medica, Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia;
• UO Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Universitaria di Modena.
Tutti i soggetti inclusi nel progetto KIND avevano ricevuto una nuova diagnosi di NSCLC nel 2017. In mancanza di uno specifico codice identificativo per tale patologia nei flussi amministrativi, la coorte è stata identificata esclusivamente attraverso l’applicazione di un algoritmo. Il risultato è stato raggiunto in maniera egregia, in quanto l’algoritmo costruito ha dimostrato una sensibilità vicina al 90% e una specificità di oltre il 60% (dati in fase di pubblicazione). Complessivamente, i casi considerati nell’analisi come nuove diagnosi di NSCLC che hanno ricevuto una terapia nell’anno 2017 sono stati circa 300, rispondenti all’atteso sui 3 centri, sulla base dei dati da cartella clinica e della reportistica dei gruppi multidisciplinari. Gli indicatori misurati nel percorso di cura sono stati anch’essi costruiti a partire dai flussi amministrativi. In particolare sono stati utilizzati il flusso SDO (schede di dimissione ospedaliera) e il flusso ASA (assistenza specialistica ambulatoriale), nei quali gli eventi che si intendevano misurare mediante gli indicatori sono stati individuati e ricostruiti. Per esempio: per individuare le somministrazioni di farmaci antitumorali sono stati ricercati gli opportuni codici sia nella specialistica ambulatoriale, sia nel flusso SDO sia nel flusso del day service ambulatoriale (DSA) che in Regione Emilia-Romagna dal 2017 sta diventando predominante.
Di seguito si riportano alcuni elementi del percorso assistenziale del NSCLC meritevoli di attenzione, rilevati dal monitoraggio di alcuni indicatori.
Timing. È emerso come la biopsia venga effettuata entro 7 giorni dalla data di prescrizione in circa il 48% dei casi, e comunque in più del 90% dei casi entro 30 giorni. Differentemente, il tempo medio rilevato tra la biopsia e l’inizio della prima terapia (CT) è risultato pari a circa 60 giorni, lontano da quanto dovrebbe prevedere generalmente la pratica clinica, ossia entro 3 settimane dall’esame bioptico. Agire tempestivamente può fare la differenza fra successo e insuccesso della gestione del paziente, in particolare nel caso del NSCLC, in media diagnosticato in fase avanzata e con una ridotta aspettativa di vita. Infatti, tra gli elementi che possono determinare un ritardo nell’avvio della terapia, può esserci una refertazione tardiva del test molecolare che causa un ritardo nella diagnosi e una diagnosi tardiva può portare a percorsi assistenziali meno efficienti, ricoveri ospedalieri prolungati e esiti clinici peggiori.
Chirurgia. Gli indicatori costruiti intorno a episodi di cura specifici come l’intervento chirurgico, la mortalità ad esso associata, la degenza media e la valutazione dei costi dell’intervento, sono risultati attendibili e in grado di restituire una fotografia della realtà riconosciuta come veritiera dai clinici (degenza media di 8 giorni circa e costo medio associato di 9069,76 euro).
Gestione del fine vita. Poiché la data di morte è un evento misurato puntualmente nel Registro di mortalità, tutti gli eventi che la precedono possono essere messi a fuoco al fine di valutarne la qualità delle cure erogata. Da quanto registrato, infatti, l’erogazione della chemioterapia è sempre inappropriata negli ultimi 14 giorni di vita e dovrebbe essere massimizzato per quanto possibile il ricorso alle cure palliative mediante l’assistenza domiciliare (ADI) o il ricovero in hospice (nel 2018 solo il 17% circa dei pazienti nello studio accedeva all’ADI e il 6% circa ad un hospice).
I vantaggi continuità ospedale-territorio
Come da più parti viene richiamato, soprattutto come esito della pandemia da Covid-19, anche il percorso di assistenza e cura del tumore NSCLC può beneficiare di una migliore integrazione del sistema ospedaliero con quello territoriale, e non solo nella fase del fine vita, rispetto alla quale i numeri parlano chiaro, ma globalmente nella gestione di una patologia che è progressivamente invalidante e ad esito infausto. La gestione del dolore, ma anche delle tossicità legate ai trattamenti nonché la somministrazione di tutte quelle terapia di supporto di cui un paziente con tumore NSCLC ha progressivamente bisogno all’avanzare della malattia possono trovare una collocazione ideale presso una struttura dislocata vicino al domicilio del paziente, dove l’accesso sia più semplice e anche a minor rischio di infezione in una fase di pandemia attiva. L’utilizzo di modelli di assistenza e cura innovativi garantirebbe infatti ai pazienti oncologici la tanto desiderata continuità territoriale. Su questo fronte, la presenza di una rete oncologica che risponda anche ai bisogni di prossimità, costruita insieme alla medicina generale, rappresenterebbe una soluzione perché nasce e si sviluppa proprio in risposta alla necessità di superare il problema della frammentarietà nell’erogazione dei servizi sanitari e di rispondere ai bisogni di cura dei cittadini garantendo la continuità assistenziale tra ospedale e territorio.
I limiti dello studio
Lo studio non è esente da limiti: una prima rilevazione ha evidenziato come alcuni indicatori fossero di più difficile misurazione, non permettendo in alcuni casi particolare accuratezza nella stima. Tali limiti sono riconducibili in gran parte al mancato utilizzo o sottoutilizzo di alcune codifiche nella pratica clinica, quali per esempio la codifica di biopsia polmonare o di presenza di malattia metastatica. La difficoltà di calcolare questi indicatori per mancanza di fonti evidenzia alcune importanti criticità legate ai flussi amministrativi, ovvero il loro utilizzo nel monitoraggio del percorso di cura che richiede l’adeguamento di nuove codifiche, quando nuove procedure vengono introdotte, e la loro compilazione in modo coerente e completo. È evidente anche che l’implementazione di un PDTA che richieda la raccolta ad hoc dei casi senza poter accedere ai già obbligatori dati amministrativi rappresenti un limite intrinseco del sistema stesso.
Affinché dunque l’intero processo possa essere monitorato costantemente è necessario sia disponibile una base dati qualitativamente accurata ed alimentata in maniera sistematica e continuativa nel tempo, situazione ad oggi ancora non ampiamente diffusa in Italia. La difficoltà nel seguire gli eventi attraverso i flussi comporta la perdita di una quota importante di informazioni, fondamentali per la garanzia di un accesso equo e tempestivo alle cure.
Conclusioni
Sulla base di quanto osservato, alcune fasi e aspetti del percorso assistenziale continuano a ricoprire un ruolo cruciale nella gestione del paziente affetto da NSCLC. Sono diversi infatti i fattori che ostacolano la corretta e ottimale presa in carico del paziente oncologico e concorrono alla generazione di inefficienze, come per esempio le persistenti difficoltà nel garantire l’accesso a una diagnosi tempestiva: una diagnosi tardiva può fare la differenza tra successo e insuccesso della terapia, portare a ricoveri ospedalieri più lunghi, ad esiti clinici peggiori e, in ultimo, a costi più elevati (costi sanitari diretti, assistenza non retribuita e perdita di produttività dei pazienti).
Ancora una volta emerge tutta la necessità di superare la logica a ‘silos’ del finanziamento del SSN, da cui discende direttamente la rendicontazione fatta appunto ‘a silos’ delle attività sanitarie, rendendo difficile poter seguire il percorso di cura partendo da dati amministrativi. La qualità del percorso di cura si dovrebbe misurare su tutto il percorso e non sulla singola prestazione. Chi beneficerebbe maggiormente di tale cambiamento di prospettiva sarebbero innanzitutto i pazienti affetti da questa patologia, ancora molto grave e letale, che finalmente occuperebbero una posizione più centrale nel percorso, sia nei fatti che nei dati.