Un gruppo italiano di ricercatori, coordinato da Umberto Restelli, docente presso il Centro sull’Economia e il Management nella Sanità e nel Sociale della LIUC Business School, ha condotto un’analisi di costo-efficacia comparando attraverso un modello teorico-decisionale una strategia basata sull’impiego del farmaco nella profilassi dell’infezione da CMV in pazienti trapiantati vs nessuna strategia di profilassi che prevede l’impiego delle terapie tradizionalmente utilizzate per trattare le infezioni da CMV (valganciclovir, ganciclovir e foscarnet).
Nel modello, condotto in un orizzonte temporale lifetime al fine di poter catturare tutte le conseguenze associate alle due strategie di confronto, l’albero decisionale prende in considerazione:
• la probabilità di sviluppare un’infezione da CMV in 48 settimane, con conseguente necessità di una PET;
• la probabilità di sviluppare una malattia da CMV ed eventualmente delle complicanze (inclusa la probabilità di decesso) nell’arco di 48 settimane.
Per adattare il modello alla realtà italiana, sono stati individuati due possibili scenari, legati a due contesti regionali diversi e a differenti tipologie di ospedale (pubblico o privato accreditato con il Servizio Sanitario Regionale).
I dati derivati dallo sviluppo del modello porterebbero a concludere che, con l’impiego della profilassi con letermovir in una coorte ipotetica di 1000 pazienti, si potrebbero evitare 240 casi di infezione da CMV clinicamente significative, 4,6 casi di malattia da CMV, 57,5 casi di riospedalizzazione correlata a CMV, 21,3 casi di GVHD, 21 casi di infezioni opportunistiche. Tutto ciò, sotto il profilo dell’analisi costo-efficacia, genererebbe un aumento medio di QALY pari a 0,45 e di costi medici diretti variabile nei due scenari fra 10.200 e 10.800 euro circa.
Rispetto alla strategia di non profilassi, l’impiego della profilassi con letermovir determinerebbe dunque un costo incrementale [per anno di vita guadagnato pesato per qualità della vita (QALY)] oscillante fra 22.500 e 22.800 euro/QALY, quindi ben al disotto delle due soglie ritenute accettabili per il SSN italiano che si collocano rispettivamente al di sotto di 40.000 e 25.000 euro/QALY . Risultato peraltro ancor più significativo visto che letermovir appartiene alla categoria dei “farmaci orfani”, per la quale ancora non esiste un accordo sui valori soglia ammissibili, che teoricamente dovrebbero essere ancora più elevati.
Ne consegue che l’impiego di letermovir, oltre a comportare indubbi vantaggi clinici nei pazienti adulti CMV positivi sottoposti a trapianto di midollo osseo, può rivelarsi anche economicamente vantaggioso per il SSN con un ICER costantemente inferiore alla soglia di 40.000 euro/QALY.
In conclusione, i risultati dell’analisi mostrano che l’impiego di letermovir nell’ambito della profilassi è una soluzione costo-efficace per il SSN in entrambi gli scenari considerati (ospedale pubblico e ospedale privato) in quanto, a fronte di un incremento di costi, genera un aumento di anni di vita in buona salute rispetto al solo impiego della PET, configurandosi come un investimento per il SSN.
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Da Care 4, 2019
Fonte Restelli U et al, Cost-effectiveness analysis of the use of letermovir for the prophylaxis of cytomegalovirus in adult cytomegalovirus seropositive recipients undergoing allogenic hematopoietic stem cell transplantation in Italy. Infect Drug Resist 2019; 12: 1127-36