Nonostante sia passato un anno ormai dalla sua pubblicazione, l’eco dello studio ASPirin in Reducing Events in the Elderly (ASPREE) nel dibattito scientifico sul rapporto rischio-beneficio della prevenzione primaria con aspirina non si è arrestata e continua ad animare la comunità medico-scientifica.
Facciamo quindi un po’ di chiarezza, evidenziando che in soggetti anziani ‘sani’ l’aspirina non allunga la vita, né protegge da qualsiasi disabilità o demenza legata all’invecchiamento. Aumenta le emorragie coerentemente con il suo meccanismo di azione e con i dati di tutti gli altri studi di prevenzione primaria versus placebo.
Il beneficio assoluto in una popolazione anziana sana a basso rischio con <1% per anno di eventi vascolari è quindi controbilanciato da un aumento di eventi emorragici, essendo anche aumentato il livello assoluto di rischio emorragico in una popolazione di anziani sani.
Pertanto il messaggio è sempre ancora lo stesso: in soggetti sani, con basso profilo di rischio cardiovascolare (senza diabete, senza fattori di rischio cardiovascolare multipli coesistenti,
con pressione arteriosa ben controllata) il bilancio rischio/beneficio non è a favore di una prevenzione primaria con aspirina. Questo non cambia le indicazioni correnti approvate dall’Aifa e i criteri di prescrivibilità. Le indicazioni approvate riguardano infatti la “prevenzione degli eventi cardiovascolari in pazienti ad elevato rischio di un primo evento cardiovascolare maggiore (rischio a 10 anni >20%)”, ovvero >2% per anno; quindi non riflettono i soggetti anziani sani di ASPREE con <1% di eventi cardiovascolari per anno.
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Da Care 3, 2019